SE LO SPENGO, PIANGE. Bambinə & schermi
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Alice Di Leva, Pedagogista e formatrice. Founder @nadì_natidigitali
Ricordo molto bene quando, nel 2018, decisi di scrivere la mia tesi magistrale in Scienze Pedagogiche sul rapporto schermi-bambinə da 0 a 3 anni; ricordo soprattutto l’inquietudine che mi assalì quando mi resi conto che in Italia era stata pubblicata una sola ricerca specifica sul tema.
Oggi, sarei decisamente più fortunata nel reperire delle fonti! Anzi, faccio molta fatica a leggere quotidianamente una letteratura in continuo aggiornamento.
Tuttavia, l’urgenza pedagogica di costruire una media education non solo dedicata alla prima infanzia, ma ripensata per coinvolgere l’intero sistema familiare mi era chiara fin da allora. Per questo insieme alla mia tesi è nato Nadì-natidigitali, un progetto di divulgazione dedicato in primis alle famiglie.
Coinvolgere i sistemi familiari (di qualsiasi estrazione sociale) in un percorso di problematizzazione critica dell’uso del digitale, richiede un lavoro divulgativo costante, adattato ai contesti socio-culturali sui quali si agisce che non necessariamente hanno accesso all’informazione scientifica e specialistica né, tantomeno, a percorsi di supporto alla genitorialità. Ed è quello che, nel mio piccolo, cerco di fare sulla mia pagina instagram.
Perchè Nati digitali e non nativi digitali?
No, non è un errore di battitura. Nel mio lavoro non nomino mai la specie mitologica dei nativi digitali per un motivo molto semplice: non esistono.
Lo stesso Mark Prensky, coniatore del fortunato neologismo “nativi digitali” in un suo scritto del 2001, nel 2011 scriveva che la distinzione tra nativo digitale e immigrato digitale era diventata molto meno funzionale di quanto non fosse una decina d’anni prima, sottolineando la necessità di abbandonare tale neologismo per mettersi alla ricerca della saggezza digitale per tutti" (Prensky, 2013).
Appare dunque necessario, nella costruzione di una media education che si rapporti al sistema famiglia, scardinare pregiudizi e false credenze rispetto alle innate competenze dei cosiddetti nativi digitali, riportando l’attenzione alla necessità di sviluppare una competenza digitale.
Ciò in cui le nuove generazioni sono innegabilmente differenti dalle precedenti è la pervasività e la presenza di screen technology nella loro quotidianità.
Oggi, secondo i dati in nostro possesso possiamo infatti affermare che:
- gli schermi sono presenti nel 98% delle case in cui vive unə bambinə al di sotto degli otto anni.
- l’84% deə bambinə sotto gli otto anni utilizza uno schermo fin dalla prima infanzia
- ə bambinə con meno di due anni utilizzano gli schermi più di 1h al giorno, media che sale tra i 5 e gli 8 anni (3h e 30 circa)
E quindi, che fare?
Parlare di tempo schermo in maniera quantitativa rischia però di essere riduttivo. Non tutto lo screen time è uguale. La fruizione passiva e autonoma delle tecnologie appare completamente diversa dall’utilizzo relazionale di queste ultime.
Aspetto fondamentale nell’utilizzo delle screen technology con bambini e bambine, è infatti la dimensione dell’interazione bambinə-caregiver. Il “parent involvement” ha infatti il potere di accrescere la predisposizione deə bambinə a trasferire il concetto appreso dal mondo 2D a quello 3D.
Ciò grazie alla predisposizione da parte del caregiver di un context, ovvero di un contesto di apprendimento, partecipativo e interattivo: parlare di ciò che stanno vedendo e facendo, mediando dunque l’esperienza come voce narrante (Barr & Lerner, 2015).
L’interazione e la ripetizione sembrano dunque strumenti ad altissima potenzialità.
È importante precisare che, per risultare efficace, la ripetizione dovrà coinvolgere anche il mondo circostante con riferimenti costanti ad oggetti concreti per incrementare e rendere possibile quello che in letteratura è definito transfer of learning, ovvero il già citato trasferimento di un concetto appreso attraverso gli screen device al mondo reale. (Barr & Lerner, 2015).
Con un atteggiamento interattivo, che risulti propedeutico al trasferimento degli apprendimenti, si intende nello specifico stare accanto aə bambinə a mentre giocano o interagiscono con gli schermi, fare domande su ciò che stanno facendo correlando l’esperienza con esperienze concrete nella vita reale.
Ricapitolando: ci sono delle regole chiare che possiamo applicare in famiglia?
- Mai usare gli schermi durante i pasti (nemmeno la tv) e prima di andare a dormire. Mai per calmare un pianto (per quello ci vuole il nostro corpo e la nostra voce)
- Il tempo schermo deve essere limitato (prima dei 18 mesi e preferibilmente fino ai due anni soltanto videochiamate brevi con parenti lontani; dai 2 ai 5 anni massimo 1h al giorno).
- I cartoni si guardano sulla smart tv e attraverso profili kids con parental control impostato, non dallo smartphone di un adulto
- Non lasciamo ə bambinə solə mentre guardano/fanno cose con gli schermi, commentiamo e partecipiamo al loro tempo schermo.
- Consultare il preziosissimo sito pattidigitali.it e proporre il patto digitale a scuola e nei contesti educativi frequentati daə nostrə figliə.